Cari soci e cari amici di Italia Nostra-Torino,
la Sezione di Torino ha presentato varie osservazioni alla Proposta di revisione del Piano Regolatore di Torino.
I tempi ridotti per esaminare la proposta hanno limitato l’arco di temi trattati, ma ci auguriamo che quello che abbiamo espresso sia valutato e possa avere qualche esito.
Va detto che in effetti la proposta di revisione avanzata dal Comune lascia sostanzialmente in piedi l’attuale Piano Regolatore, promulgato nel 1995 dopo un gestazione di otto anni, e con esso buona parte dei suoi difetti, e così l’obiettivo delle osservazioni, più che contestare novità affioranti dalla proposta, è stato chiedere la correzione di previsioni e criteri contro cui ci siamo battuti per tanti anni.
Alcune delle schede normative su cosiddette Aree di Trasformazione a suo tempo previste fortunatamente non hanno avuto per ora attuazione, ma per ora restano tali e quali, con vario grado di possibilità di attuazione, e sarebbe estremamente auspicabile che talune sparissero del tutto, ed altre fossero profondamente modificate.
Le osservazioni presentate da Italia Nostra-Torino riguardano prevalentemente situazioni topografiche specifiche, mentre quelle presentate dal Consiglio Regionale Piemonte di Italia Nostra vertono sull’impianto generale della proposta ed essenzialmente sulla scelta di non intaccare sostanzialmente gli elementi negativi del PRG vigente.
Una importante osservazione che abbiamo presentato chiede la cancellazione della previsione, ereditata dal PRG vigente in specifica scheda attuativa, e dai più considerata virtualmente inattuabile, ma non si sa mai, di un ponte sul Po da corso San Maurizio a corso Casale, e di una serie di sottopassi lungo corso Moncalieri, in corrispondenza dell’incrocio coi vari ponti, Gran Madre, corso Fiume e ponte Isabella.
Mentre il ponte, contro l’ipotesi del quale ci siamo battuti con parziale successo una trentina di anni fa al momento delle osservazioni al progetto di PRG “….deturperebbe la percezione panoramica del Po da piazza Vittorio, dal ponte Vittorio Emanuele I e dalla piazza della Gran Madre…..”, i sottopassi di corso Moncalieri mortificherebbero profondamente il magnifico viale con rampe di almeno un centinaio di metri ciascuna.
Per la Cavallerizza Reale, tema che ci appassiona da sempre ed oggetto di un’altra nostra osservazione, la situazione è molto più rischiosa, perché lì, salve le buone intenzioni, sia detto senza ironia, di tutte le entità pubbliche e delle Fondazioni che hanno concorso all’accordo dell’inizio del 2020, resta il fatto che l’operazione di restauro verrà coordinata dalla Cassa Depositi e Prestiti, che ha per statuto di assicurare la redditività dei suoi beni, ed anche se sembra escluso per alcuna parte del complesso l’uso residenziale vero e proprio, tra previsioni di uffici, albergo, residenze temporanee sembra restare poco per usi propriamente culturali. Nemmeno il Maneggio Grande di Benedetto Alfieri è completamente al sicuro dall’immissione di manufatti funzionali all’uso teatrale che impedirebbero di tornare completamente all’aspetto aulico originario.
Le osservazioni presentate da Italia Nostra-Torino riguardano prevalentemente situazioni topografiche specifiche, mentre quelle presentate dal Consiglio Regionale Piemonte di Italia Nostra vertono sull’impianto generale della proposta ed essenzialmente sulla scelta di non intaccare sostanzialmente gli elementi negativi del PRG vigente.
Una importante osservazione che abbiamo presentato chiede la cancellazione della previsione, ereditata dal PRG vigente in specifica scheda attuativa, e dai più considerata virtualmente inattuabile, ma non si sa mai, di un ponte sul Po da corso San Maurizio a corso Casale, e di una serie di sottopassi lungo corso Moncalieri, in corrispondenza dell’incrocio coi vari ponti, Gran Madre, corso Fiume e ponte Isabella.
Mentre il ponte, contro l’ipotesi del quale ci siamo battuti con parziale successo una trentina di anni fa al momento delle osservazioni al progetto di PRG “….deturperebbe la percezione panoramica del Po da piazza Vittorio, dal ponte Vittorio Emanuele I e dalla piazza della Gran Madre…..”, i sottopassi di corso Moncalieri mortificherebbero profondamente il magnifico viale con rampe di almeno un centinaio di metri ciascuna.
Per la Cavallerizza Reale, tema che ci appassiona da sempre ed oggetto di un’altra nostra osservazione, la situazione è molto più rischiosa, perché lì, salve le buone intenzioni, sia detto senza ironia, di tutte le entità pubbliche e delle Fondazioni che hanno concorso all’accordo dell’inizio del 2020, resta il fatto che l’operazione di restauro verrà coordinata dalla Cassa Depositi e Prestiti, che ha per statuto di assicurare la redditività dei suoi beni, ed anche se sembra escluso per alcuna parte del complesso l’uso residenziale vero e proprio, tra previsioni di uffici, albergo, residenze temporanee sembra restare poco per usi propriamente culturali. Nemmeno il Maneggio Grande di Benedetto Alfieri è completamente al sicuro dall’immissione di manufatti funzionali all’uso teatrale che impedirebbero di tornare completamente all’aspetto aulico originario.
Ma in particolare, quanto a prescrizioni minime “a minor danno” nell’addizione di nuovi edifici in ambiti storicizzati, sia di sapore rurale come questo di via Chiusella, o di aspetto cittadino di case di fine ottocento, andrebbe bandita la possibilità di sagoma in aggetto, così come di materiali di rivestimento luccicanti o comunque diversi da quelli dell’ambito circostante.
Mentre in generale la penuria economica preesistente ed ora il Covid fanno rinviare progetti da noi non condivisi e forse possono darci speranza di vederli modificati nel tempo, preoccupa per contro la parola d’ordine di riattivare l’economia spingendo su lavori pubblici ed edilizia in genere utilizzando i fondi di soccorso europei e semplificando oltre a normative effettivamente ipertrofiche anche quelle già insufficienti per la tutela.
A rischio non solo possibilità di edificazione invasiva, ma anche quella molto concreta di nuove installazioni idroelettriche in magnifici paesaggi di montagna, spinte da una interessata deformazione dell’esigenza di energie rinnovabili.
Invece, almeno per il complesso di Torino Esposizioni possiamo dire con prudenza che le prospettive appaiono ragionevoli, utilizzazione da parte del Politecnico per buona parte della struttura, essenzialmente in funzione dei corsi di architettura, e declassata a semplice possibilità e non più come scelta acquisita la collocazione nel grande salone di Nervi della Biblioteca Civica. Scelta che sarebbe decisamente infelice, perché mortificherebbe una spazialità magnifica ed adatta ad un succedersi di una illimitata varietà di usi temporanei, come avveniva in tempi migliori, ma comunque proprio adatta ad esperimenti visivi di architettura, a loro volta immaginabili in infinite modalità, un “teatro di architettura”.
E quanto alla Biblioteca Civica, è vero che si troverebbe “in un bel posto”, ma non si gioverebbe più di tanto della singolarità del luogo, e per quanto possiamo immaginarcene le più varie configurazioni, in sostanza dovrebbe pur sempre essere adagiata sul grande pavimento a immiserirne il respiro globale, cosa perdonabile solo alle installazioni temporaneee. E’ da dimostrare che i fruitori della biblioteca, costretti nei diverticoli di questo labirinto, trarrebbero un piacere adeguato nel trovarsi immersi in questo spazio.
Una grande possibile addizione per la qualità ambientale di Torino nord, ma anche per la soddisfazione di opportunità culturali per tutta la città ed i suoi visitatori, sarebbe poi un riuso calibrato della Manifattura Tabacchi. Su questa per fortuna non sembrano emergere appetiti speculativi come abbiamo visto per la Cavallerizza, mentre di spunti progettuali per una varietà di usi pubblici culturali e ricreativi ne viene in mente una bella varietà. Certo gli interventi di restauro, bonifiche, nuove strutture funzionali sarebbero impegnativi, ma certo, come per la Cavallerizza, non sarebbe indispensabile fare tutto in una volta, né avere subito un progetto chiarissimo e rigido dell’insieme.
E’ andata deserta un’asta con base di circa sette milioni. Questo dovrebbe confermare sia come non ci sia nessun gruppo privato disposto a farsi carico di questa spesa più i costi dei lavori che consentirebbero poi un ritorno con attività redditizie.
Per contro, rinunciando a questi pochi milioni ed ad una chimerica quota di infrastrutture per fruizione pubblica che sarebbe stata disponibile alla fine dei lavori, si potrebbe dar luogo ad una graduale riconquista della fruibilità per tutti di questo bene. Un complesso che in certe porzioni fra l’altro si presterebbe a corsi di restauro edilizio secondo tecniche classiche di muratura, ammortizzando una quota dei costi di restauro e fornendo ad un certo numero di giovani una competenza certo spendibile sulla miriade di edifici storici pubblici e privati che richiedono restauri possibilmente a regola d’arte senza scorciatoie cementizie.
Pensiamo in particolare all’edificio dell’ex Fimit, della prima metà dell’ottocento, di proprietà del Comune di Torino che in tanti anni purtroppo non ha potuto o saputo proteggerne dalle intemperie i tetti con le conseguenze che vediamo, ma che non sarebbe impossibile restituire ad aspetto e dignità originari, ancora ben presenti pochi decenni fa.
Grazie anche ai grandi alberi circostanti ed alla fila di piccole officine più o meno coeve, potrebbe ospitare scuole di artigianato, elementi di musealità industriale, altre attività ad libitum, e sarebbe di per sé un elemento di attrazione motivante per un percorso che dall’ingresso storico in corso Regio Parco raggiungesse il viale lungofiume.
Invitiamo i nostri Soci e quanti condividono le nostre premure di indagare e pensare per conto loro su questo ed altri problemi-possibilità della nostra città e della nostra provincia, e chissà che una ricerca e un’inventiva più diffusa non giovi all’inventiva dei nostri amministratori presenti e futuri.
A tutti un caldo augurio di un buon autunno nonostante quello che succede.
per il Direttivo di Italia Nostra-Torino Roberto Gnavi, Presidente